Simeoni, serve un salto per tornare in alto

Da quel risultato cambiò la sua vita e quella delle sportive italiane. Una donna, la Simeoni, che attraverso i risultati ottenuti nella sua carriera ha spianato la strada allo sport femminile, fino a prima di lei considerato minore.
«Abbiamo sudato molto dando continuità alla nostra attività - afferma l'ex saltatrice. Una continuità che ha dato modo alla gente di affezionarsi a noi e all'atletica in generale».

«Sì! Anche perché la concorrenza è spietata e, anche se i nostri atleti hanno migliorato, è difficile arrivare a certi livelli».
Ma esiste una cura?
«Sacrificio e sudore e poi i giovani. L'atletica in questi anni ha investito poco, lasciando spazio ad altri sport e trascurando se stessa».
Mennea, al contrario, sostiene che l'Italia spende molto per lo sport?
«Non è un problema di soldi ma di atteggiamento. I giovani sono attratti da sport che hanno un più forte impatto mediatico (e di tornaconto economico). L'atletica è vista come uno sport obsoleto».

«Di tutti. Ai miei tempi a scuola così come nelle società sportive, l'attività ginnica era anche un modo per socializzare. Oggi invece c'è questa fretta di arrivare subito ai risultati».
Per questo prolifera il doping, anche nello sport amatoriale?
«E' una questione di atteggiamento. Pensare che lo sport si possa praticare solo in un certo modo, è sbagliato ed è dannoso».
Ma i giovani come si motivano?
«Ma guardi, mio figlio (Roberto Azzaro ndr) ha 18 anni e pratica atletica in una società sportiva che ha lo stesso spirito di quelle che frequentavano io. E' vero che i giovani puntano al successo però la loro voglia di stare insieme è la stessa che avevamo noi. Bisogna puntare su questo».
A Pechino le medaglie che attendevamo, nell'atletica non sono arrivate. Che idea si è fatta?
«I risultati non arrivano sempre. Al di là di come andranno questi Giochi mi auguro che la federazione dal giorno dopo pensi a Londra. Io continuerei a i

Più soldi?
«Ma guardi, ai miei tempi erano pochi e tassati fino all’ultimo e pure abbiamo gareggiato e vinto. Oggi per sport meno "fortunati" credo sia giusto un sostegno. Per altri assolutamente no».
Carlo Pecoraro