A Tambre Dino Meneghin sfodera classe e autoironia

«SPOGLIATOIO SCUOLA DI VITA»  

A Dino Meneghin il Premio Paolo Valenti
(Il Gazzettino di Belluno - 23 dicembre 2007) Tambre. Dino Meneghin e la sua immensa classe ancora una volta non hanno tradito le attese. Quando, venerdì sera, è salito sul palco del Cinema Alpino di Tambre per ritirare il primo Premio Valenti , il gigante dal volto spartano ha riacceso con semplicità e schiettezza l'attenzione del pubblico, leggermente sopita dopo un'ora di presentazioni e introduzioni varie alla premiazione.

Primo inchino a mo' di damigella, con tanto di lembi del giaccone alzati; secondo accenno di inchino, stavolta cavalleresco, quasi da paladino pronto a ricevere la spada dal suo sire. Un gigante in auto ironica prostrazione: effetto perlomeno singolare, considerati i due metri e passa, e la mole ancora possente.

Poi l'incipit dal sapore patriottico, giusto per chiarire le idee: «È sempre un piacere tornare a casa, perché per me questa provincia rappresenta un ritorno alle origini. A volte crediamo di aver perso e dimenticato le radici, invece loro stanno nascoste da qualche parte, e ci scuotono quando meno ce lo aspettiamo».

Da u
A Dino Meneghin il Premio Paolo Valentin bellunese nel sangue a un bellunese «adottivo»: nato ad Alano di Piave, Meneghin ha ricordato la figura di Paolo Valenti , innamorato del Nevegal e della Valbelluna, cui il Comitato Alpago 2ruote&solidarietà ha voluto intitolare questo premio: «Di Valenti mi piaceva il modo di stare in televisione: semplice, educato, civile; il signor Valenti teneva conto della "forma" del suo lavoro, oltre che dei contenuti, e si muoveva sempre con rispetto verso lo sport e verso gli altri».

Parole che richiamano alla mente una faccia linda e una generazione compianta di giornalisti, e che aprono il bagaglio dei ricordi del campione, tra anedotti e riflessioni sullo sport d'un tempo e i suoi valori: «I miei successi e i premi come questo li condivido fino all'ultimo respiro coi vecchi compagni, senza i quali neanch'io avrei vinto. Il basket è uno sport di squadra: loro sono stati soprattutto amici e compagni di "viaggio".


A Dino Meneghin il Premio Paolo ValentiLo spogliatoio, più che il campo, era e dovrebbe essere anche oggi la scuola di vita dove si creano i legami, dove si vive la multiculturalità gomito a gomito con lo spagnolo, il russo, il bulgaro, dove s'impara a rispettare le regole».

Prima di Meneghin , nell'omaggio che Tambre e l'Alpago hanno reso a Valenti , sul palco erano salite autorità locali e provinciali, organizzatori e musicisti. Alle spalle uno schermo da Amarcord e filmati in bianconero dei trionfi del «Dinone», da Varese a Milano passando per la nazionale.

Tante lodi, innumerevoli richiami alla lealtà in campo, all'impegno sociale fuori del campo di Dino. Ma lui, ancora, sdrammatizza: «Mentre prima parlavate dei valori dello sport mi veniva da ridere... Dietro stava
A Dino Meneghin il Premio Paolo Valentino passando le immagini di una nostra vecchia rissa sul parquet... Che volete, succedeva...».

Poi però, con l'opera «Blue Life» dello scultore Raul Barattin in mano, ancora ricordi regalati al pubblico, quelli di una vita (28 anni) passata nel basket, dal «campanaccio che la nonna di Domegge mi regalò per andare a fare il tifo, quando ero ragazzo», agli insegnamenti «dei più "anziani", come l'indimenticabile Flaborea, che vedendomi leggere, nelle trasferte, sempre fumetti, disse a me, ventenne, che dovevo iniziare a leggere i quotidiani e capire la realtà, il mondo.

Pensai che fosse matto, poi, un'occhiata qui un'altra là, iniziai a leggerli, i giornali, e a diventare uomo». (Maudi De March)