Martini, la storia del ciclismo

Alfredo Martini a Tambre(Corriere delle Alpi - 29 gennaio 2008)  TAMBRE. Un grande nome del ciclismo a Tambre. Il cinema alpino ha ospitato domenica mattina il presidente onorario della Federazione ciclistica italiana Alfredo Martini, per anni commissario tecnico della nazionale azzurra. Un invito, quello giunto a Martini, in omaggio al grande contributo che in tanti anni ha saputo dare, prima come atleta e poi come dirigente, al ciclismo italiano.

Un impegno riconosciuto da tutto il mondo delle due ruote, visto che anche il grande giornalista Candido Cannavò - per dirla con le parole del presentatore Giovanni Viel - in un suo libro afferma di non poter pensare al ciclismo senza pensare ad Alfredo Martini.

Classe 1921, Martini è giunto a Tambre sabato con Rosario Fina, commissario tecnico della squadra Under 23 e con il fedelissimo amico e autista Franco Vita. L'incontro si colloca all'interno del progetto avviato dall'associazione "Due ruote e solidarietà", che qualche settimana fa ha visto arrivate a Tambre un altro simbolo dello sport nazionale: Dino Meneghin.

«Non c'è nulla più dello sport, simbolo
Alfredo Martini a Tambre di salute, in grado di trasmettere quel messaggero di solidarietà che passa anche attraverso la donazione del sangue che è salute e vita», dice Bruno Lavina, in rappresentanza del presidente dell'Associazione Vittorio Mares.

La conferma sta nelle parole dello stesso Alfredo Martini, che a 87 anni - dei quali più di settanta vissuti per il ciclismo - riesce ad intrattenere senza difficoltà un pubblico attento, raccontando situazioni e aneddoti della sua intensissima attività. Una lunga storia quella sua e quella degli altri compagni di viaggio «...di impegno, fatica e sacrificio, che portarono a grandi trionfi a livello internazionale e che nell'immediato dopoguerra contribuirono senza dubbio a recuperare l'immagine positiva per un'Italia che dalla guerra non era uscita molto bene...».

Le immagini di Gi
Alfredo Martini a Tambrerardengo, Coppi, Bartali, Moser, Bugno, Pantani e di altri si susseguono attraverso i suoi lucidi ricordi e le cronache di ieri e di oggi, tra comparazioni e stili di vita che nel tempo anche per gli atleti sono cambiati e si sono evoluti. «Cambia tutto ma non il fatto che il ciclismo non è un gioco», sottolinea Martini, «ma un'attività sportiva che richiede un impegno totale, impossibile da sostenere senza una forte motivazione e una volontà di ferro».

L'indispensabilità di un consapevole gioco di squadra, la evidenzia bene il commissario Rosario Fina: «L'esito della gara, che il più delle volte si decide negli ultimi cento metri, è sempre il frutto del duro lavoro di una macchina organizzativa formata da tante persone che, per me¬si e mesi, devono sincronizzarsi alla perfezione, perché si vince o si perde per pochissimo. E' per questo che la vittoria o la sconfitta è sempre lo scatenarsi di una tensione incredibile e incontenibile di tutta la squadra».

A Martini, Fina e Bortolotto, ciclista trevigiano vincitore di tre edizioni del Giro d'Italia, il sindaco di Tambre ha consegnato un omaggio. (Loredana Stiletto)