Discutendo di doping con Bartoletti

A Pieve d’Alpago la serata antipasto del Giro del Lago
Il giornalista a parlato del male dello sport e anche di calciopoli

Marino Bartoletti e Giovanni Viel (CORRIERE DELLE ALPI - 22 agosto 2006) PIEVE D'ALPAGO. Lo sport è integrazione, cultura, fatica. E il doping? Impossibile definirlo. Marino Bartoletti sabato sera nella sala culturale Placido Fabris di Pieve d'Alpago ha raccontato lo sport vissuto come cronista e direttore di testata, parlando di valori, vittorie e anche di scandali. Su tutti il doping, pratica senza tempo e senza fine di chi vuole il risultato a tutti i costi, anche contro la lealtà sportiva e la propria salute.

«E' difficile dire cosa sia doping e cosa no», è l'opinione che Bartoletti ha condiviso con il pubblico. Il ragionamento arriva all'estremo chiamando in causa un episodio del passato: «Olimpiade del 1948 a Londra, la prima dopo la Seconda Guerra.

Vi partecipa Ottavio Missoni che nel 1939 era primatista mondiale dei 400 metri. Forse avrebbe vinto le Olimpiadi seguenti, ma non si disputarono. Arrivò a Londra dopo anni di stenti, guerra e prigionia. Nonostante la scarsa forma fisica entrò in finale e chiuse ultimo. Partì, alla pari con i tre americani che arrivarono sul podio? Fu una gara equa? I pasti abbondanti non sono doping rispetto a chi non ha da mangiare?».


Moreno Tollot, Marino Bartoletti e Vittorio Mares in visita alla tomba di Paolo ValentiBartoletti l'altra sera ha pescato dalla storia dello sport anche le 14 medaglie conquistate dall'Italia a Los Angeles, «non tutte pulitissime, anche se preferiamo ricordare quel numero come un record nazionale». Infine un pensiero ad un amico Marco Pantani: «Sono sicuro che ha vinto perché era un grande campione e non per il doping».

«II doping siamo noi», è la lettura di Bartoletti, «siamo noi sponsor che vogliamo visibilità, noi organizzatori che vogliamo solo i più forti, noi tifosi e noi atleti». Tutti siamo coinvolti oggi nel "podismo" o "primismo", cioè nell'esasperazione dell'arrivare davanti agli altri. Come combatterlo? La lettura è chiara: «Il doping è sempre più avanti dei controlli». Il giornalista aggiunge: «Ci vuole equità. Come i Nas svegliano i ciclisti in albergo alle quattro del mattino, così dovrebbero far visita ai calciatori a Milanello, Trigona o Appiano Gentile prima di un derby. Secondo me troverebbero le stes-se cose. A questo punto mi viene una provocazione: se un atleta vuole farsi del male è libero di farlo. L'antidoping deve entrare nelle coscienze».

Bartoletti, oggi anche direttore scientifico della Treccani dello Sport, si è occupato a lungo del calcio nella sua carriera, tra carta stampata e televisione» Tra le altre, esperienze ha ideato "Quelli che il calcio", condotto "Pressing" e "II Processo del Lunedì", nel 1997 ha fondato "Calcio 2000", poi il mensile "Solo Calcio". Proprio al calcio e ai suoi scandali ha dedicato un intervento: «Il calcio ha ben poco da insegnare, ha preso la deriva del business.


Edi Peterle, Marino Bartoletti e Vittorio Mares in visita al Campus di Pian Longhi intitolato a Paolo ValentiCalciopoli? Poteva essere come un diluvio universale e lavare via il peccato. Ma le arche italiane, evidentemente, sono particolari. Vi sono saliti personaggi che potevano restare in acqua. Mi da fastidio oggi sentire le prediche dai vari Moggi, Gaucci e Della Valle. Il calcio deve ricominciare da capo». Qualcosa di. buono, però, è accaduto in questi mesi: «La Juventus si è tolta da un circolo vizioso dal punto di vista economico. Ha sistemato dirigenza e bilanci, ora può solo salire».

Nell’analisi di Bartoletti anche il valore sociale dello sport, luogo di integrazione e cultura. Sul modo di raccontarlo attraverso le cronache sportive, il giornalista emiliano ha ricordato l'esperienza di "Quelli che il calcio", ideato «perché venivo da un modo di seguiremo sport "guardando la radio".

Di quella trasmissione Bartoletti rimpiange il tentativo dì educare al vivere e seguire lo sport, oggi scomparso. Il ricordo è andato a Paolo Valenti, emblema del cronista sportivo, ricordato per la cronaca, nel 1967, dell'incontro di pugilato Griffith-Benvenuti e per la conduzione di 90° Minuto, «Valenti aveva una dote innaturale per un giornalista», ha ricordato Bartoletti, «era amato da tutti».

Bartoletti ha chiuso la serata di Pieve, dedicata dagli organizzatori del "Giro del lago" a Paolo Valenti, con un sogno, quello di «tornare a educare attraverso lo sport». (Enrico Costa)