Corriere delle Alpi - 1 novembre 2011
La Civetta severa e magnifica nelle imprese degli alpinisti
CHIES D’ALPAGO Il fascino della grande Civetta, l’emozione suscitata dal racconto e dai filmati inediti di tre ascensioni storiche tra neve, ghiaccio e roccia.
Con gli alpinisti Giorgio Redaelli e Roberto Sorgato si è conclusa sabato sera la decima edizione della rassegna alpinistica “Chies e le sue montagne”.
Una rievocazione sul filo della memoria a cui non hanno voluto mancare, seduti tra il pubblico che affollava la chiesa, alpinisti come Loris De Moliner, Gianni Gianneselli, Alessandro Da Rold e Alberta Lacedelli. Presente anche la Fondazione Angelini, con Ester Cason. Settembre 1959, apertura della direttissima parete sud della Torre Trieste; febbraio 1962, prima invernale della via Livanos alla Cima Su Alto; febbraio 1963, prima invernale parete sud ovest della Civetta (via Solleder-Lettenbauer).
Il richiamo della Zuita: tre “miracoli” di dedizione e passione per questa montagna severa e magnifica, costati molti sacrifici e ostacoli, e la morte di Gianfranco De Biasi, ucciso dal freddo e lo sfinimento poco sotto la vetta tra le braccia di Sorgato in un precedente tentativo.
La stessa fine toccata a Leo Maduska, morto assiderato in un bivacco affrontando la medesima via che sale al centro della “parete delle pareti”. Dei protagonisti di queste tre imprese, celebrate dalla stampa dell’epoca, mancavano Ignazio Piussi, Giorgio Ronchi e Toni Hiebeler, ricordati da Redaelli e Sorgato al tramonto dell’epoca d’ora del sesto grado, insieme ad altre figure storiche dell’arrampicata, guide alpine, custodi di rifugi, aviatori e fotografi di montagna.
Ricordi e aneddoti in bilico tra il bianco e nero e il colore, tra l’arrampicata pura e l’inizio dell’era artificiale, come testimoniano i filmati realizzati e commentati dall’alpinista leccese in collaborazione con Franco Bristot. In quasi 60 anni sono diventati documenti preziosi per la storia dell’alpinismo, che ritraggono da vicino e dall’interno momenti di un’epopea che è culla e radice dell’alpinismo moderno e di valori umani che non hanno tempo.
Tra un brano cantato dal coro parrocchiale di Chies e Lamosano e la musica antica di Andrea Dal Cortà e Sandro Del Duca, un pensiero rivolto a Giorgio Garna, conquistatore del Burèl sulla Schiara, scomparso alcuni giorni fa, un altro “vecio” andato avanti.
“Non fiori…”, è stato l’invito rivolto dalla sua famiglia ad amici e conoscenti. Infine l'abbraccio caloroso del pubblico, con autografi e strette di mano