Fulvio, la vita sopra tutto

Fulvio Mariotto al Giro del Lago di Santa Croce(Corriere delle Alpi - 14 agosto 2010) PUOS D’ALPAGO. Fulvio Marotto vive da 6 anni con le protesi alle mani e alle gambe. Gli arti li ha persi per colpa di un’influenza trascurata, nel 2003, ma non si è mai arreso. «La cosa che più mi dava fastidio, una volta uscito dall’ospedale, era non poter essere autonomo, dover chiedere aiuto per qualsiasi cosa», racconta.

Con le protesi che lui stesso ha ideato la sua vita è tornata quella di un qualunque ragazzo della sua età, tanto che domani Marotto sarà al via del Giro del Lago di Santa Croce, la manifestazione promossa per il 16º anno dal Comitato Alpago 2 ruote & solidarietà.

Percorrerà l’anello di 17 chilometri attorno al bacino lacustre sui pattini o in bicicletta, deve ancora decidere. «Vengo con tutte e due le protesi necessarie e vedrò sul momento, anche se preferirei pattinare, è più rilassante, perchè il movimento è più fluido, naturale».

Le protesi le realizza lui stesso, nell’officina dove lavorava anche prima dell’infezione seguita all’influenza trascurata che nel 2003 lo ha privato di entrambe le mani e delle gambe. «Ma non è così raro, succede più spesso di quanto si possa pensare», spiega. Perdere un arto è già di per sè una cosa traumatica, perderne quattro dev’essere sconvolgente. Ma non per Marotto, che, mettendo a frutto le conoscenze acquisite in anni di lavoro nella sua officina oggi riesce a camminare, a sciare, e ad andare in bicicletta, in moto e sui pattini.


Fulvio Mariotto al Giro del Lago di Santa CRoceQuando ha voglia, guida persino un kayak. «Ho iniziato a costruirle perchè volevo tornare a fare quello che mi divertiva, e che mi diverte tuttora», racconta. «Inoltre ho lavorato per adattare le protesi alla moto, e oggi collaboro con l’Aprilia, per creare dei prototipi in grado di assicurare la guida anche alle persone amputate.

Sulla mia moto ho il cambio più veloce che si possa trovare, e riesco a concentrare fino a 16 comandi sul manubrio». Una storia che ha dell’incredibile, se si pensa che Marotto sembrava condannato sulla sedia a rotelle. Almeno per il primo anno dopo l’infortunio, perchè poi sarebbero arrivate le protesi ospedaliere. «Ma mi sono accorto, con il tempo, che le mie sono migliori», confessa. «Mi permettono di fare quello che voglio fare, di divertirmi come ho sempre fatto».

La sua speranza, ora, è di riuscire a rendere migliore anche la vita di altre persone che hanno subito il suo stesso destino: «Continuo a studiare le tecnologie a disposizione, a fare ricerche, collaboro con alcune aziende per sviluppare dei prototipi e uso materiali diversi da quelli che vengono impiegati dalle ditte che producono protesi. Così le mie hanno una durata maggiore. E spero di aiutare le persone che, come me, hanno subito un’amputazione». - Alessia Forzin