Doppio appuntamento per gli appassionati della montagna sabato 25 ottobre. Si inizia alle ore 15.00, a San Martino, con dimostrazione e seminari di Slackline e Street Boulder, curati dal gruppo rocciatori “Cani sciolti Alpago”. Si andrà avanti sino alle ore 18.00, quando è prevista una pizzata alla vicina locanda San Martino.
Cos’è lo Slackline?
Lo slacklining è un esercizio di equilibrio e di bilanciamento dinamico. Il nome di quest'attività deriva dalla slackline, una fettuccia di poliestere tesa tra due punti sulla quale si cammina.
Questa disciplina, che per certi versi assomiglia all'arte del funambolismo, ne differisce in alcuni aspetti fondamentali: si cammina su una fettuccia piatta e non su un cavo o su una corda, inoltre non prevede l'uso del bilanciere.
Lo slacklining nasce negli Stati Uniti nei primi anni ottanta dove si sviluppa specialmente nell'ambiente dell'arrampicata. Oggi, oltre al suo paese d'origine, è molto conosciuto anche in Brasile e in vari stati europei (Francia, Spagna, Germania); in Italia è ancora piuttosto raro, seppur cominci ad affiorare specialmente negli ambienti vicino all'arrampicata sportiva.
Il tipo di fettuccia, la lunghezza e la tensione possono variare. La larghezza della fettuccia è solitamente compresa tra 2,5 cm (1 pollice) e 5 cm (2 pollici) e viene di solito legata a due alberi nei parchi e successivamente messa in tensione.
Cos’è lo Street Boulder?
In italiano lo chiamiamo ’Arrampicata Urbana’. Si tratta del bouldering praticato su strutture costruite dall’uomo, come palazzi, archi, ponti, mura…
La differenza sostanziale con la scalata in natura sta nel fatto che nello Streetboulder ci si confronta con “problemi” legati all’architettura creata dall’uomo.
Sviluppatasi in Italia a partire dal 2003, questa pratica deriva dalla constatazione che per arrampicare non è indispensabile andare in falesia o in palestra su pareti artificiali: è sufficiente ricordare che le città in cui viviamo hanno una dimensione non solo orizzontale ma anche verticale e sono quindi esse stesse delle perfette palestre di arrampicata a cielo aperto.
Quasi per gioco si è iniziato ad arrampicare su palazzi, muri, archi, portici, pali, panchine: sotto tutti gli aspetti un’attività di bouldering, ossia una tipologia di arrampicata in cui l’atleta è chiamato a svolgere pochi, difficili, movimenti arrivando a un’altezza massima di pochi metri senza che sia richiesto l’uso di attrezzature particolari come corda, imbrago o chiodi (come sicurezza si utilizzano tappetini mobili rinforzati ad altà densità denominati crash-pad).
Dal suo inizio tale disciplina si è sempre associata al recupero di zone poco frequentate e particolarmente disagiate, unendo quindi alla pratica sportiva anche una dimensione sociale e culturale.
Secondo appuntamento della giornata alle ore 21.00. Nella tensostruttura di San Martino interverrà il quotato alpinista valdostano Hervè Barmasse, moderato da Simone Favaro.
Conferenza che l’alpinista considera “un momento d’incontro nel quale ho la possibilità di ringraziare e restituire qualcosa a tutte le persone appassionate di montagna che mi seguono. Sono l’occasione per raccontare storie di montagna e di un alpinismo di ricerca, dove non s’insegue una performance ma semplicemente le proprie emozioni, i propri limiti e l’avventura. Spinto dalla grande convinzione che ciò che si può, spesso, è semplicemente ciò che si vuole, vi parlerò delle mie salite e vi farò entrare nella mia vita di alpinista con un grande proposito, quello di portarvi a credere nei vostri sogni”.
Chi è Hervé Barmasse (www.hervebarmasse.com)?
Nasce ad Aosta il 21 dicembre 1977. Originario di Valtournenche e figlio d’arte – suo padre Marco Barmasse è uno degli alpinisti valdostani più in vista – Hervé rappresenta la quarta generazione di guide della sua famiglia. Maestro di sci dal 1996 e di snowboard dal 1997, guida alpina del Cervino dal 2000 e istruttore nazionale delle guide alpine dal 2007.
Inizia la sua carriera d’alpinista sulla montagna di casa, il Cervino, aprendo e ripetendo diverse vie prestigiose. È proprio sulla montagna che l’ha visto crescere che Hervé diventa protagonista di diverse solitarie estreme. Tra queste vanno ricordate la prima solitaria nel 2002 della via Casarotto Grassi (1300m di sviluppo, ED), nel 2005 la prima solitaria della Via Deffeyes (1300 m di sviluppo, ED) realizzata in meno di quattro ore, nel 2007 la prima solitaria dello Spigolo dei fiori, Via Machetto, tutte vie che corrono sulla parete sud del Cervino. Oltre a queste è da ricordare la prima solitaria e prima ripetizione della Via Direttissima aperta nel 1983 dal padre Marco. Un’impresa storica quest’ultima che verrà premiata – il 7 marzo 2008 - con la Grolla d’oro, come maggiore realizzazione alpinistica internazionale di una guida alpina valdostana.
La ricerca e l’esplorazione di pareti inviolate lo portano oltre il confine delle Alpi e nel 2004 in Pakistan apre due nuove vie, una sullo Scudo del Chogolosia (5700 m) Luna Caprese e un’altra sullo Sheep Peak (6300 m).
L’esperienza del Pakistan continua nel 2005, e oltre alla salita in solitaria di una cima inviolata sulla Costiera del Fareol Peak, apre insieme ai compagni della spedizione Trip One Karakorum due nuove vie Up and Down (800m di sviluppo, difficoltà 6c/7° e A1) e Fast and Fourius via di misto e ghiaccio, sempre su una cima inviolata. Riceverà per quest’esperienza extraeuropea, un importante riconoscimento dal Club Alpino Italiano, con l’assegnazione del Premio Accademico "Paolo Consiglio". Premio istituito nel 1997, che ogni anno viene assegnato a spedizioni extraeuropee, che abbiano svolto attività di rilievo a carattere esplorativo, in stile alpino e nel rispetto dell’ambiente.
Nella primavera del 2006 in Patagonia, alla sua prima esperienza Sud Americana, ottiene un altro risultato di prestigio aprendo una via nuova di ghiaccio e misto sul versante Nord del Cerro San Lorenzo, aprendo la via Caffè Cortado, 1200 m di sviluppo. Il 19 maggio 2007, riceverà per la seconda volta, l’ambito premio alpinistico nazionale Paolo Consiglio.
L´8 febbraio 2008, insieme a Cristian Brenna, compiendo quella che forse rimane la più grande sfida alpinistica dell’area, Hervé scioglie l’enigma della Nord Ovest del Cerro Piergiorgio (Patagonia), parete che per anni ha resistito ai diversi tentativi di forti alpinisti. “La Ruta de l’Hermano”, una via su roccia poco raccomandabile, corre proprio al centro del cuore di quest’immensa parete, ha uno sviluppo di 1150 Metri, 29 lunghezze e una difficoltà di 6b+ A3 ED+.
Nell’estate del 2008 Hervé sale in stile alpino, insieme al compagno di cordata Simone Moro, il Beka Brakai Chhok, una montagna del Karakorum (Pakistan) alta 6940 metri tentata più volte da diverse spedizioni. Il 25 maggio del 2009 riceverà per la terza volta il premio alpinistico Paolo Consiglio.
Nell’autunno del 2008, sale in stile alpino una cima inviolata del Muztag-hata di 6250 m (Cina).
All’inizio del 2009 Hervé, insieme a Giovanni Ongaro e Daniele Bernasconi ritorna in Patagonia per affrontare un nuovo itinerario di traversata del terzo ghiacciaio più esteso del mondo, lo Hielo Continental Sur, e scalare l'inviolata vetta sud e lo spigolo nord del Cerro Riso Patron, ma a causa dell’impressionante mutamento del ghiacciaio dovuto al surriscaldamento della terra, gli alpinisti non riescono ad arrivare al base della parete terminando il nuovo itinerario della traversata al fiordo Estero Falcon in Cile.
Nei primi mesi del 2010 ritorna in Pakistan insieme ad Eneko Pou, Kriss Ericson, Oscar Gogoza e il Dott. Marco Cavana, e dopo la salita di alcune cascate di ghiaccio organizza presso la Shimshal Climbing School (scuola nata attraverso la collaborazione di Qudrat, Simone Moro ed Hervé con il patrocinio di The North Face, Kong e CAMP) il primo corso per portatori d'alta quota aperto anche alle donne con obiettivo la formazione e l’insegnamento delle tecniche di sicurezza e progressione su roccia e ghiaccio. Inoltre, grazie alla collaborazione del Dott. Marco Cavana, medico intensivista dell’ospedale di Aosta, organizza un dispensario per affrontare i problemi legati agli aspetti medico-sanitari della zona.
Il 17 marzo 2010, apre insieme al padre Marco una via nuova sulla Parete sud del Cervino il Couloir Barmasse 1200 m - M...duro. ABO Nell’estate del 2010 sale in due giorni e in stile alpino insieme a Daniele Bernasconi e Mario Panzeri una cima inviolata di 6300m Venere Peak difficoltà ED (Cina).
Al centro della foto, in ombra, la parete sud del Picco Muzio, su cui sale la nuova via aperta da Herve Barmasse nel 2011.
Il 2011 è l'anno del progetto "Exploring the Alps", una trilogia che aveva come obiettivo l’apertura di tre nuove vie sulle montagne più importanti della sua Valle, tra le più alte delle Alpi: monte Bianco, monte Rosa e Cervino. Tre nuove vie con cui Hervé vuole riscoprire l'alpinismo sulle Alpi dimostrando che esplorare questi luoghi è ancora possibile.
Il progetto inizia con l'apertura di una nuova via in solitaria sulla Parete Sud Est del Cervino, al Picco Muzio, conclusa nei primi giorni di aprile del 2011 dopo un tentativo fallito a marzo dello stesso anno. Un'impresa che ricorda quella del grandissimo alpinista Walter Bonatti del 1965, unico alpinista ad aver aperto una via in solitaria sul Cervino prima di Barmasse. Con quell'impresa Bonatti diede l'addio alla carriera di alpinista estremo. L'itinerario aperto da Barmasse, si sviluppa per 1200 metri di cui 500 in un couloir di ghiaccio e il restante sulla parete verticale e strapiombante del Picco Muzio.
La seconda fase del progetto prosegue sul Monte Bianco, sul versante del Brouillard. Qui Hervé, a fine luglio apre, insieme ai fratelli baschi Iker ed Eneko Pou, una via a cui viene dato nome La Classica Moderna. Un omaggio all'alpinismo classico di cui il Bianco è simbolo per eccellenza. Un'ascesa che, interpreta e prosegue in chiave moderna la filosofia e l'etica di chi nel lontano 1959 per primo ha posto le mani sui monoliti di questo versante del Monte Bianco, Walter Bonatti. Una salita di proporzioni Himalayane, lungo una via pulita, senza spit, salita per 11 lunghezze fino al 6c con solo friends e 4 chiodi, aperta e scalata sempre in libera e che, come una grande classica prosegue fino in vetta al Monte Bianco per la cresta di Brouillard, per un totale di 3300 m di dislivello.
Con la nuova via sul Monte Rosa, si conclude il progetto Exploring the Alps. Quest'ultima salita del progetto, dove ad accompagnare Hervé c'era suo padre Marco, voleva simboleggiare un passaggio di consegne dell'alpinismo classico, tra passato e futuro sempre vissuto sulle Alpi, dove l'alpinismo nacque. La via è stata chiamata "Viaggio nel tempo". I due alpinisti hanno tracciato un itinerario sulla parete sud-est della Punta Gnifetti nella parte più alta della cosiddetta parete valsesiana del Monte Rosa; si tratta di un muro di roccia e ghiaccio trapezoidale di 800 metri d'altezza posto al di sopra del Pianoro Ellermann e inquadrato a est dalla Cresta Signal e a ovest dal Colle Sesia. La linea di salita si tiene a sinistra della Via "Africa Nostra" aperta nel 1987 da Silvio Mondinelli assieme ad altre guide di Alagna Valsesia ed esce in cresta a poca distanza dalla Capanna Regina Margherita. L'ascensione è stata compiuta tra il 29 e il 30 settembre e presenta passaggi di VI oltre i 4000m. È valutata ED.
Secondo Hervé Barmasse quest'ultima salita richiede "un alto grado di concentrazione e un impegno psicologico, sia perché la qualità della roccia non è delle migliori, sia per le protezioni lunghe e sia per il pericolo che grandi lastre possano rimanerti in mano". La base della parete è stata raggiunta in maniera piuttosto inusuale: normalmente infatti si parte da Alagna Valsesia e ci porta all'inizio della parete dalla capanna Resegotti. I Barmasse invece hanno raggiunto il Colle Sesia e da lì si sono calati raggiungendo così dall'alto la base del muro di roccia.
Nel 2012 Barnasse ha realizzato un film sul progetto Exploring the alps, intitolato Non così lontano. Il film presentato in anteprima al Festival del cinema di Trento tra le proiezioni speciali, ha partecipato alle più importanti rassegne cinematografiche internazionali di montagna, vincendo importanti premi e riconoscimenti.
Il 13 marzo 2014 è ancora sul Cervino, dove realizza il primo concatenamento invernale delle sue quattro creste (per di più in solitaria), salendo prima per la Cresta di Furggen (realizzando così anche la prima solitaria invernale della Via degli Strapiombi) e scendendo per la Cresta Hornli, per poi risalire dalla Cresta di Zmutt e ridiscendere dalla Cresta del Leone, il tutto in 17 ore